Da ormai qualche decennio si parla diffusamente dei cosiddetti Disturbi del Comportamento Alimentare (D.C.A.) e di come, e se,  l’attività sportiva possa essere utile a chi ne soffre.

Da quando negli anni ’60 cominciarono ad apparire i casi strani di ragazze belle e intelligenti che si lasciavano consumare nel digiuno e non poche morivano di fame, la ricerca medica e psicologico clinica ha fatto passi da gigante.

Oggi tali disturbi si possono certamente curare e sono rari i casi di persone, donne nella grande maggioranza, che giungono a morirvi.

La cura prevede una presa in carico multidisciplinare: medico, nutrizionista, psicoterapeuta e possibilmente anche una specifica attività fisica  guidata.

La riflessione su quanto concerne le persone che soffrono di DCA (Disturbi del Comportamento Alimentare) conclamati è utile però a tutti noi che non ne soffriamo.

Leggendo capirete il perché. Partiamo dall’inizio.

Quali sono oggi i cosiddetti DCA (Disturbi del Comportamento Alimentare)?

I principali disturbi alimentari definiti dal D.S.M. V, la cosiddetta “Bibbia” della psichiatria internazionale e punto di riferimento obbligato per ogni diagnosi, sono tre:

  • Anoressia Nervosa: è un comportamento che si caratterizza per una restrizione alimentare che comporta diminuzione di peso e che può portare in alcuni casi alla morte;
  • Bulimia Nervosa: un comportamento che vede l’alternarsi di periodi di anoressia con altri abbuffate incontrollate e che causano senso di colpa e ricerca del vomito per riparare.
  • Binge Eating: espressione inglese ormai da tutti accettata che definisce periodiche e costanti abbuffate in genere senza vomito ma con senso di colpa e perdita del controllo.

Vi sono poi altri DCA (Disturbi del Comportamento Alimentare) più patologici e rari che qui non é il caso di citare.

Da notare che l’obesità, condizione caratterizzata da eccesso di grasso corporeo e spesso da iperfagia (abitudine di mangiare troppo) non è considerata attualmente tra i disturbi psichiatrici.

E’ però una realtà con gravi conseguenze psico-socio-economiche di cui è certamente utile prendersi cura per ragioni sociali oltre che personali.

Pensiamo ad esempio alla obesità infantile in continua crescita nei paesi occidentali.

Lo sport, o comunque  l’attività sportiva mirata e guidata,  può aiutare nella cura e nel superamento di tali disturbi?

Occorre differenziare la risposta in ragione del fatto che spesso l’anoressia crea una immagine errata del proprio corpo, che viene visto come grasso e deforme mentre non lo è.

Porta, chi ne soffre, ad una esagerata e compulsiva attività fisica condotta in proprio e in malo modo. Invece negli altri disturbi tale attività fisica è o rifuggita o vissuta in senso compensatorio e come rimedio illusorio al senso di colpa conseguente le abbuffate.

Nel primo caso (anoressia) è quindi consigliabile moderare se non annullare l’attività fisica perchè qui il problema è psicologico. La visione deformata del sé corporeo è ego sintonica (cioè la persona ci crede davvero contrariamente a quanto vedono tutti gli altri, strumenti di misura oggettivi compresi).

Nel secondo caso l’attività sportiva potrebbe aiutare a scaricare le energie psichiche ed emotive che invece sono convogliate nelle abbuffate e costituire un rimedio più salutare alla loro presenza.

Aspetti psicologici dell’attività sportiva

In entrambi i casi una attività fisica moderata e soprattutto ben guidata e fondata su una oggettiva immagine corporea (vedi la attenta valutazione corporea proposta col Metodo Cirafici) aiuta a:

  1. Acquisire una corretta immagine del proprio corpo qui ed ora alla luce del momento di vita, del genere sessuale e dello stile di vita di ognuno.
  2. Tale immagine realistica fornisce le basi per una oculata programmazione della attività fisica e di allenamento indicando obiettivi e vie per raggiungerli con un accompagnamento individuale e competente.
  3. Costituisce inoltre un buon mezzo per riordinare i comportamenti relativi alla alimentazione e sincronizzarli in vista di una buona salute psicofisica.

Possiamo così dare una risposta al quesito espresso nel titolo all’inizio.

Certamente una attività sportiva è utile per le persone che soffrono di DCA a condizione  che sia attentamente programmata e seguita nel tempo con una attenzione interdisciplinare a mettere in contatto le diverse figure (medico, nutrizionista, psicologo).

Se questo vale per le persone portatrici di una diagnosi di DCA (Disturbi del Comportamento Alimentare) vale anche però in buona misura per tutti noi che ne siamo esenti.

Per non parlare di quella condizione di sovrappeso e obesità (anche solo leggera se non moderata o grave) che dovrebbe essere non sottovalutata da nessuno per prevenire malattie fisiche e disturbi psichici dell’adattamento sociale.

MC Wellness Club ssd ringrazia il Dr. Paolo Ciotti, Psicologo Psicoterapeuta (OPL 03/16212) per aver scritto questo articolo.

Per approfondire

  1. American Psychiatric Association (2013), Manuale diagnostico e statistico dei disturbi mentali. Quinta edizione. DSM V. Milano, Raffaello Cortina Editore, ediz. It. 2014
  2. Informazioni generali sulla epidemiologia dei DCA a cura dell’Istituto superiore di sanità: https://www.epicentro.iss.it/anoressia/
  3. Altro sito istituzionale con informazioni generali dal punto di vista della prevenzione della salute della donna http://www.salute.gov.it/portale/donna/dettaglioContenutiDonna.jsp?lingua=italiano&id=4470&area=Salute%20donna&menu=patologie
  4. Un Articolo interessante sui comportamenti alimentari degli atleti tra normalità a patologia, sul Portale State of Mind, una autorità nel campo della psicologia cognitiva italiana. https://www.stateofmind.it/2017/04/disturbi-alimentari-sportivi/